Pietà l’è morta
Monica Lang
Quando abbiamo pensato di articolare il nostro lavoro sulla Resistenza lungo tre percorsi – storie, immagini e voci – tutti abbiamo concordato che non si potesse tralasciare di presentare un’opera che questa intuizione l’ha anticipata all’incirca 60 anni fa. Già nel 1964 infatti, con il suo cortometraggio Pietà l’è morta, Libero Bizzarri documentava venti mesi di Resistenza armata contro nazisti e fascisti repubblichini attraverso differenti registri artistici. Con foto, pitture, disegni e immagini di repertorio, accompagnati dai versi di Quasimodo, questo breve documentario – dura 10 minuti – narra i fatti dall’otto settembre 1943 alla Liberazione. Si intrecciano i dipinti di Ugo Attardi, Enotrio Pugliese, Renato Guttuso, Carlo Levi, Mario Mafai, Giacomo Manzù, Giuseppe Mazzullo, Mirko Basaldella, Gabriele Mucchi, Giovanni Omiccioli, Domenico Purificato, Renzo Vespignani, Antonio Zancanaro, a fotografie del re, Mussolini liberato dal carcere, il rastrellamento di via Rasella, le brigate nere con Mussolini. E immagini, testimonianza di quel titolo spietato, di partigiani fucilati, prigionieri, impiccati con il cartello “bandito” al collo, corpi carbonizzati. Particolare rilievo assume la strage delle Fosse Ardeatine, con un filmato che le ritrae anche nella contemporaneità del dopoguerra. Pietà l’è morta è un documento storico, ma al contempo attuale, nonostante un codice linguistico che oggi suona enfatico e retorico, si colloca pienamente nella modernità. ll film ha partecipato alla selezione per i premi di qualità francesi, al Festival internazionale di Mosca (1965) ed al III Festival internazionale dei film sulla Resistenza (Cuneo, 1965).
Pietà l’è morta è uno dei più celebri canti della Resistenza italiana.
Composto nel ’44 dallo scrittore cuneese Nuto Revelli, ufficiale degli alpini della Tridentina nella disastrosa campagna di Russia prima, e poi comandante partigiano nelle formazioni di Giustizia e Libertà.“Pietà l’è morta” è il motto inserito nello stemma della 34^ Compagnia Alpini. La canzone era nota nelle Brigate partigiane Valle Vermenagna e Valle Stura “Carlo Rosselli” e poi si diffuse nelle altre brigate di “Giustizia e Libertà”. Il modulo musicale è ripreso dalla tradizione militare italiana: l’aria fu infatti utilizzata dagli alpini nella prima guerra mondiale e successivamente in Russia e in Albania (‘Sul ponte di Perati’, il suo antecedente esplicito, era un canto della Brigata alpina “Julia”, impegnata sul fiume Vojussa, al confine greco-albanese, per la campagna italiana di Grecia del 1941-’42). Revelli ha inciso Pietà l’è morta nel 1960 insieme al Gruppo corale della Fiap di Cuneo (Nuto Revelli, Faustino Dalmazzo, Michele Bellino, Piero Camilla, Ernesto Gandolfo, Feli Garelli, Michele Giubergia, Giovanni Lingua, Lorenzo Macario, Pietro Macario, Gigi Monti, Carlo Ramello, Filippo Scotto, Lino Toselli) nel primo dei Canti della Resistenza italiana del Nuovo canzoniere italiano dell’Istituto De Martino.